Riceviamo e pubblichiamo questo stupendo racconto-cronaca scritto dal Vincitore del Trail del Moscato “Lavorare stanca” di 50 Km , Gilberto Costa.

TRAIL DEL MOSCATO 50 KM

Santo Stefano Belbo (CN) 

Non so cosa raccontarvi. Non so come descrivere la giornata di domenica. Incredibile!

Ed allora:
Persa la Cantoca, gara trail che nasce e corica dal mio paese, Casella, entroterra di Genova; qualcosa mi ha spinto nel cercare altrove. Un pensiero fisso,  partito da dentro, tambureggiante. Siamo a martedì scorso.
Mi ritrovo a scrivere su google “calendario podistico”. Escono fuori, scovo un’infinità di gare, da qui all’eternità. Corse su superfici le più disparate … distanze. Adatte ai “disperati runners” di questa sempre più incredibile pratica, sport. Passione! Per far prima, filtro, controllo il chilometraggio, sono in cerca dai quaranta in su. Dopo di che passo a visionare in quale provincia italiana si disputa la manifestazione. Il mio raggio d’azione è 150/200 km.

Mi cade l’okkio su Trail 50 km, (CN). La superficie e il chilometraggio mi fanno fare un sussulto, la provincia mi raffredda. Cuneo, nella mia testa lo sempre disegnato a sinistra della cartina geografica a ridosso delle alpi piemontesi. Distante, troppo per un capriccio di fine settembre.
Un non so che mi suggerisce di scrivere quella località sulla guida michelin (che ci vuole … ti costa). Partenza Destinazione. 99 km per statale, 145 percorrendo l’autostrada. Non ci posso credere.
Chiudo il pc, lo riaccendo, rifaccio il percorso a internet “a ritroso” (prova del 9) tutto combacia. Clicco nel sito ufficiale: chisura iscrizione venerdì sera, ore 18. Ho tempo.
Mercoledì, daccapo. Ripeto come un folle tutte le procedure precedenti. Non mi convince la distanza. Per Cuneo è lontano, la provincia lontana una conseguenza.
Ormai pazzo, tento l’ultima carta, telefono al numero telefonico indicato quale ” … per informazioni”.
“Venga, le conviene uscire ad Asti Est, Santo Stefano Belbo è a 32 chilometri”. (Erika Barraco)  Siamo a Mercoledì. Ancora non basta, dubbi.
Penso, calcolo, combatto una guerra mentale fra opposte fazione, pro e contro. Mi vedo come un bambimo cresciutello, egoista e pieno di vizi, da una parte.
Un esploratore, indomito sognatore … innoquo dall’altra.
Vado a lavorare dove continuo lo scervellamento.
Giovedì dopo una corsetta (nel mentre) decido. Vivo una volta sola. Basta pensarci sopra. Una cosa, idea, iniziativa se … bisogna farla e basta, suvvia!

Domenica alle 03 ero in cucina, troppo tardi per mettere l’acqua sul fuoco. Ansia da viaggio: trova strade corrette. Indicazioni. Poi c’è la pioggia, il pericolo nebbia che incombe.
Così arraffo dal forno il tegame della pizza, ne taglio un rettangolo e lo ingurgito bagnato da una tazza di the. Camel bag, cintura porta boraccia con annessi corredi, l’ho preparati sabato sera.
Dicasi per zaino cambio indumenti intimi, doccia e divisa da gara.
Riempo esclusivamente le due borraccie con l’acqua del rubinetto. Alle 04.10 parto con l’autovettura.
La Luna, rotonda piena, veglia meravigliosa messaggera. Un cielo di  lenzuola grigie velate, appare nero di stelle. Spietato.
Scopro  quant’è bello guidare nella notte italiana. Traffico  assente. Musica di Vasco Rossi, live, a palla. Un nubifragio di emozioni si susseguono. Mi sento un pioniere, esploratore di un Gilberto di mezzo via. In mezzo al cammino di sua vita. Passato da poco il suo “giro di boa”.
Il resto è corsa gara. Stavo bene. Mi sentivo pronto. Da un mese a questa parte ogni week end salivo sull’Antola. La domenica del sedici settembre, causa doppiette in calore, deviammo per l’asfalto, non per il chilometraggio. La “forma” forse lei, si lei mi ha spinto ad andare a cercar battaglia fuori mura.
In breve … Ho faticato, sofferto, mi sono odiato, maledetto. Continuavo a ripetermi “mai più, una gara” alla domenica devi startene a Casella. Correre ok, ma tranquillo guardando naso all’insù. Le gare uccidono. Le corse ti conducono al limite sopportabile, se sei fortunato, ti consentono di andarvi oltre, anche ,e se per pochi attimi. Istanti fatali.
Nelle salite baionetta (fango, meglio melma appiccicosa … scivolosa/saponetta) ho caminato disperato. Nei momenti corribili l’ho fatto di conserva. Quando non ho avuto più gambe, ho corso come mi ha suggerito tempo fa Sergio Vallosio di “SOPPORTAZIONE”. Condotta gara: ho cercato di correre in maniera dignitosa, arrendendomi quando era il caso ai miei personali limiti. Seppur tentato, non ho mai chiesto quanto mancava all’arrivo. Ho sempre rivolto lo sguardo avanti, al passo dopo, nonostante ho desiderato voltarmi mille volte mille alla ricerca affannosa dei miei cacciatori. Non mi sono mai girato, temendo di trasformarmi in una statua di sale …. FANGO!
Il percorso un infinito rompicato, dove siamo stati condotti dalla passione per la corsa nella natura. Introdotti e sparsi, dispersi per dare voce e sazietà alla personale sete d’avventura. Un labirinto disegnato da mani abili fra i filari di moscato. Un autentico dipinto di vigneti.
Profumi, odori, umori di una terra a riposo dopo l’orgia post vendemmia. Donne immobili ubriache d’amore.
Lapidi di uno sconfinato cimitero militare. Pietre sepolcrali opposte ordinatamente le une alle altre. Disposte come pennellate, sui rilievi ondulati perfettamente dall’incommensurabile.
Colline ingravidate inseminate dalla pianta della vite, che ricorderò per sempre. Tutta la vita.

Gilberto Costa